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IL GRANDE INGANNO
(THE TWO JAKES)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 febbraio 1992
 
di Jack Nicholson, con J. N., Harvey Keitel, Meg Tilly, Eli Wallach, Tom Waits (Stati Uniti, 1990)
 
Gli eccessi di esuberanza di Jack Nicholson, la maschera grottesca e sfottente del suo celebre ghigno che diventa procedimento fastidiosamente sbandierato è faccenda notoria: una volta imbrigliato, ciò non gli ha impedito di interpretare quei capolavori che rimarranno nella memoria di tutti, L'ONORE DEI PRIZZI, SHINING, VOLO SUL CUCULO, PROFESSIONE REPORTER, EASY RIDER. O quel CHINATOWN dalle indimenticabili atmosfere, che Roman Polanski girò nel 1974; e del quale questo film, che Nicholson mette in scena personalmente (gli era già successo: un buon DRIVE, HE SAID nel 1970, ed un discutibile ROAD TO THE SOUTH nel 78) vuol essere un omaggio, ed una sorta di continuazione.

Cosa può incanalare, frenare, guidare un regista? La sceneggiatura: quella di THE TWO JAKES non è firmata da uno qualsiasi, ma proprio da quel Robert Towne che sviluppò gli affascinanti intrighi del film di Polansky. Paradossalmente, rappresenta la ragione del fallimento (economico, innanzitutto, con l'attore che ci ha rimesso svariati milioni di dollari) del film: lunga, prolissa, incomprensibile, priva di una logica nella progressione drammatica.

THE TWO JAKES inizia dove terminava CHINATOWN: ma è una bella pretesa quella di riferirsi alle storie, alle motivazioni, alle psicologie di personaggi di un film che lo spettatore ha visto vent'anni or sono... Cosi ritrova con piacere il disincantato investigatore J. J. Gittes (quello dal naso incerottato), che nel frattempo ha fatto fortuna e gioca persino a golf; le atmosfere dei gialli degli anni quaranta, sfondi californiani costantemente inventati che Vilmos Zsigmond fotografa con delle tinte meravigliosamente scolpite e saturate; attori superbi come Keitel o Eli Wallach che incrociano le mitiche creature femminili del caso (velette sulle occhiate assassine, profumi che s'intuiscono aldilà della porta vetrata dell'ufficio del capo, reggicalze e guepières impossibili da districare nei momenti cruciali) che delle Meg Tilly, Madeleine Stowe, Susan Forristal - scelte da Nicholson con ammirevole acume ed originalità - impersonano deliziosamente.

THE TWO JAKES, lo avrete compreso, è un esempio clamoroso di spreco: Jack Nicholson è perfettamente capace di filmare con vibrante sensualità, con humour distaccato, o con quella zampata graffiante che gli permette di passare da un momento di contemplazione ad un altro di scatenato dinamismo. Ma si vede che ha dovuto riaggiustare malamente al montaggio le immagini - spesso affascinanti - di una faccenda mal sagomata: quella solita - ma qui faticosamente districabile - di come ti trasformo ad ogni costo il delitto in una ricerca d'identità vagamente psicanalitica.


   Il film in Internet (Google)

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